(Ti Lancio dal Belgio) Bruxelles 4 aprile 2024 – Tutti per uno, uno per tutti.
La Nato, semplifica semplifica, è questo. Da 75 anni. Ed è assolutamente appropriato che il motto dei ‘Tre Moschettieri’ (Dumas padre) sia di fatto il riassunto dell’articolo 5 del trattato atlantico, la clausola principale della North Atlantic Treaty Organization. Che in francese (seconda lingua ufficiale) è però Otan. Prova ineludibile che i cugini d’oltralpe sono bastian contrari. E d’altronde il primo quartier generale era basato proprio nella ville lumiere, prima che Charles de Gaulle, nel 1965, annunciasse il ritiro della Francia dal comando integrato. Alleati sì, ma con ‘juicio’.
Fondata appunto il 4 aprile 1949 con la firma del Trattato di Washington da parte dei 12 Paesi fondatori (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti), l’Alleanza Atlantica è poi cresciuta a ondate successive fino a contare gli attuali 32 membri, con il recente ingresso di Finlandia e Svezia. Una storia di successo ma, al tempo stesso, gravida d’incomprensioni: l’allargamento agli ex satelliti dell’Unione Sovietica, dopo la caduta dell’Urss, ha portato infatti allo scontro con la Russia — oltre che alla scomparsa di ogni cartilagine, ad esempio nel Baltico o per l’appunto in Finlandia.
Mosca lo considera un disegno imperiale americano, in spregio alle garanzie teoricamente assicurate a suo tempo da Washington ai vertici dell’Urss di non avanzare a est dopo la caduta del muro di Berlino; l’Occidente invece lo reputa un processo democratico – peraltro non semplice, come dimostrato da Helsinki e Stoccolma – interamente aperto ai Paesi europei. Il Cremlino, dicono i sostenitori della Nato che hanno vissuto all’interno della cortina di ferro, dovrebbe domandarsi perché chi può “scappa dalla sua sfera d’influenza” e cerca rifugio nell’Alleanza Atlantica. Che pure in tempi di multipolarità e rimescolanza geopolitica, vale ancora “il 50% del Pil globale”.
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