(Ti Lancio da Roma) Roma 17 maggio 2022 – La Luna è il passo intermedio, una stazione di posta per gli astronauti verso l’obiettivo più ambizioso: Marte. Ma la Luna è anche il nostro vicinato planetario più prossimo, dove impiantare avamposti di ricerca e non solo, dove testare i sistemi che ci consentiranno di stare a lungo lontano dalla Terra. Se le previsioni più obiettive fissano il ritorno sul nostro satellite nel giro di questo decennio, saranno i successivi dieci anni a segnare l’approdo dei terrestri su un altro pianeta. A confermare la roadmap è Simone Pirrotta, program manager Missioni di Esplorazione Robotica dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Tra i suoi compiti, anche il coordinamento delle attività nazionali dell’ASI che coinvolgono industria ed enti di ricerca nel suo settore di azione; in questo caso, “lo scopo – specifica l’ingegnere – è garantire all’Italia un ruolo adeguato nelle missioni e nelle iniziative internazionali”.
La filiera dell’Osservazione della Terra (dai satelliti ai sistemi di ricezione e gestione dati), infatti, è al 100 per cento Made in Italy; l’esplorazione dello spazio, invece, è e deve essere una challenge internazionale: “Tranne gli Stati Uniti e la Cina, che si muovono più spesso in autonomia, ogni progetto prevede la collaborazione internazionale, perché il beneficio è per tutti, ma anche perché non tutti possiedono gli asset necessari, come specifici tipi di lanciatori e sistemi di comunicazione”.
Nel programmare, prendere decisioni (e valutare rischi e opportunità) in vista della Luna, per esempio, esistono consessi internazionali come l’International Space Exploration Coordination Group – ISECG, che vedono come protagonisti l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) oltre a USA (con l’indispensabile NASA), Russia, Cina, Giappone, ma a cui partecipano e contribuiscono numerose altre nazioni tra cui il nostro paese.

Cosa c’è in calendario? “L’obiettivo di creare insediamenti di lungo periodo sulla Luna, con un approccio questa volta cooperativo e sostenibile – spiega Pirrotta, che è uno dei delegati italiani all’ISECG – Non più quindi solo missioni di pochi giorni, come per il programma americano Apollo dello scorso secolo, ma qualcosa simile a cosa NASA ha in corso, cioè l’iniziativa Artemis, di ampio respiro e aperta alle cooperazioni. Un primo passo fondamentale previsto a breve sarà riportare un uomo e anche una donna sul nostro satellite entro il 2024 (anche se questa data potrebbe essere posticipata di un anno o due).”
Chi potrebbe invece partire per restare, su Marte come sugli asteroidi, sono invece i robot. “L’esplorazione con lander e rover è e continuerà a essere un’attività complementare a quella umana, per preparare l’arrivo degli astronauti o supportarne la presenza”. In futuro uomini e umanoidi saranno colleghi e coinquilini? “Ci sarà affiancamento: le attività ripetitive e faticose saranno destinate ai robot“.
Ci sono differenze fra le visioni ambiziose e le risorse pressoché illimitate degli statunitensi e quelle europee? Simone Pirrotta è pragmatico: “La storia dell’esplorazione spaziale, è una storia di “sfide e limitazioni”: le distanze sono siderali, gli ambienti ostili, i costi e le energie richieste sono davvero immense. Dobbiamo però aver chiara la motivazione che ci spinge verso luoghi remoti: non possiamo, almeno per adesso, andare per viverci, in alternativa a questo pianeta, ma per costruire basi scientifiche, studiare, fare ricerca. Un po’ come facciamo in Antartide. E poi, con quello che impariamo, miglioriamo di certo la nostra vita sulla Terra; basti pensare alla gestione e al riciclo delle risorse, tecnologia essenziale nello Spazio ma anche per noi che restiamo”.
La nuova stagione sta per avere avvio proprio in questi mesi, con il lancio della prima missione del programma Artemis: a bordo, ci sarà anche un elemento italiano, un piccolo satellite denominato ArgoMoon, sviluppato dalla ditta torinese Argotec per l’ASI, che acquisirà immagini storiche di questo primo ma significativo passo del ritorno alla Luna.
Nel frattempo, l’Agenzia Spaziale Italiana è focalizzata anche sui piccoli satelliti, i cubesat, utilizzati in campo scientifico per funzioni mirate come raccogliere dati, immagini, in fasi specifiche di missione. “I cubesat – spiega Pirrotta – segnano una nuova stagione che in ASI abbiamo intuito già qualche anno fa: per le missioni di esplorazione robotica, l’Italia contribuiva alla progettazione e costruzione di parti di satelliti, inclusi gli strumenti; oggi, a parità di budget (5-10 milioni di euro), ne creiamo di completi, coinvolgendo una filiera compiuta e sostenibile.
(MARIFRE)
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