
Intervista di Antonella Lanfrit
È sempre una piacevole conferma, non si smentisce mai! Così, se non risponde allo squillo all’ora stabilita non è perché si è dimenticata dell’appuntamento: «Ero in giardino a trapiantare i fiori, che quest’anno hanno colori splendidi. O, forse, stando molto di più in giardino è come se li vedessi per la prima volta, insieme al meraviglioso verde mela dell’erba che li circonda».
Sono le pennellate di colori e di emozioni con le quali Maria Giovanna Elmi si avvia in autonomia e con speditezza nel bel mezzo dei temi di conversazione: la sua vita al tempo del lockdown, i pensieri, le strategie per costruire efficacemente la Fase 2.
Su un punto si fa subito chiarezza: confinamento per lei non è certo significato apatia o tedio perché, ricorda, «non amo perdere tempo». E non è solo per la cura che ha dedicato al giardino. Addirittura si è inventata l’happy hour delle 19: «Non abbiamo mai mancato un giorno», confida, pensando al brindisi che ogni sera fa con il marito Gabriele per far sapere «al virus che qui non è ben accolto». Nel frattempo si è attrezzata per la battaglia: «I primi giorni non si trovano mascherine e così le ho realizzate io, perché è facilissimo: ho preso delle traverse nuove che avevo, lo ho piegate ad organetto, ho messo due elastici e li ho pinzati e la mascherina è stata subito pronta». Durante le prime settimane di epidemia ad essere quasi introvabile era anche l’igienizzante. Rassegnarsi alla mancanza? Neppure per idea. «Sul sito dell’Oms c’erano tutte le istruzioni per poterlo realizzare in autonomia – spiega -. A Tarvisio non ho trovato solo una materia prima tra quelle necessarie, ma fortunatamente la vendono in Austria, che per noi è a due passi». Risultato? «Ho fatto un bottiglione di prodotto».
Un attivismo accompagnato da pensieri positivi, perché «la condizione generata da questo virus un regalo ce l’abbia fatto, aprendoci al valore del tempo. Che è tutto, è la vita». La salute, la bellezza «dell’urlo della Primavera», le relazioni finalmente riprese e coltivate sono diventate così materia di riflessione rigenerante, insieme all’impegno in cucina: «Non sono una chef, ma con me mio marito ha guadagnato una linea fantastica», considera. E poi c’è il frico, che «amo molto: è buonissimo e l’unica fatica per un risultato perfetto è l’olio di gomito necessario per girarlo senza che ti cada a terra».
Avrebbe dovuto essere in Alaska nel periodo che il Covid-19 l’ha tenuta a Tarvisio, ma non se ne fa assolutamente un cruccio. L’unico dispiacere per «una abbracciosa e coccolosa come me» è dover mantenere le distanze dalle persone. «Mi manca l’abbraccio», rivela. Forse anche per questo continua a mantener fede al brindisi serale, convinta che «ce la faremo a togliere la corona a questo virus!».
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